
Polinice e Antigone (2000)
Il teatro porta con sé un senso del tempo, ed è il presente.
Adesso, dentro di noi. Tra di noi, un momento irripetibile, esatto.
Il teatro non può che essere presente.
Il teatro porta con sé un senso del tempo, ed è il presente.
Adesso, dentro di noi. Tra di noi, un momento irripetibile, esatto.
Il teatro non può che essere presente.
Era la notte
Di fiera della perfida Babele
Salente in fasci verso un cielo affastellato di paradiso di fiamma
In lubrici fischi grotteschi
E tintinnare d’angeliche campanelle
E gridi e voci di prostitute
E pantomime d’Ofelia
Stillate dall’umile pianto delle lampade elettriche
DOMANDA: Claire tu sei lesbica?
I miei versi sono
Un messaggio in bottiglia
Gettato in mare con la speranza…
Che esso possa approdare un giorno,
Chissà dove, ad una terra,
forse alla terra del cuore
Paul Celan
Storia di Doro è un testo scritto da Donatella Musso nel 1994. Quasi kantoriano nel suo incedere, ricco di visioni e di una poesia leggera, rievoca un mondo di fantasmi appena lì dietro l’angolo, usando una lingua tesa tra un italiano alto che esplode poi in frammenti di piemontese, latino, e lingue inventate.
Presentato al Festival di Avignone nel 1977, La nuit juste avant les forêts è uno straordinario monologo, una “preghiera profana” – dal punto di vista stilistico collocabile tra Racine e Céline – , che si presenta come una sola frase di quaranta pagine, un unico getto di parole, in equilibrio tra lingua di strada e lingua letteraria.
Una ventata, una storia che colpisce al cuore, una storia di disperazione e di sopravvivenza. La Vogel ricattura il confuso vortice dell’adolescenza e ci mostra come una donna può imparare a convivere con le ferite del tempo, piuttosto che rimanerne sconfitta.
The Boston Globe
da Vittorio Alfieri
“La canzone come teoria è un occhio puntato su questo secolo. Diremmo che è la teoria di questo secolo la cui “brevità” è stata già teorizzata. Se è così, la brevità della canzone riesce ad inseguirlo e raggiungerlo. Essa di brevità se ne intende.
Teso alla rappresentazione del male, Ballo in maschera, ovvero ‘Maskarad’, fu scritto da Michail Lermontov ventiduenne nel 1836, cinque anni prima di perire in duello.