‘Cittadini della mia terra patria
Guardatemi muovere all’ultimo cammino,
Guardatemi rivolgere l’ultimo saluto al sole,
l’ultima luce che io vedrò.
Ade, il dio del grande sonno viva mi conduce
Alla riva d’Acheronte,
e non più nozze per me
non canti nuziali,
ma alla morte andrò sposa.’
Antigone, Sofocle
“Va, trancia, oscilla, parla, attraversa la bocca, lanciaci qualche parola fieramente lappata, un buon fischio che ci scuota, e dal tuo scuotere vai a slinguare a forare l’aria, rispondi al fischio, canto satanico, vibra”.
Friedrich Hölderlin (1770-1843) visse due tensioni violentissime: la rifondazione di una nuova essenza della poesia e una tensione materiale, “terrestre”, politica, in qualche modo rivoluzionaria.
Ella è la rielaborazione di un capitolo del romanzo Verrà il giorno (1973) di Herbert Achternbusch, riscritto nel 1978 su commissione di Klaus Peymann, direttore dello Staatheater di Stoccarda. Ella prende spunto da un modello vivo, la zia omonima, di cui Achternbusch è stato tutore.