Come foresta di torri dentro un cielo vuoto (1991)

Friedrich Hölderlin (1770-1843) visse due tensioni violentissime: la rifondazione di una nuova essenza della poesia e una tensione materiale, “terrestre”, politica, in qualche modo rivoluzionaria. Di solito lavorò come precettore presso case di ricchi borghesi e in una di esse si innamorò di Susette Gontard, che divenne la sua ispiratrice, la sua “Diotima”, ideale modello di fanciulla greca.
Perseguitato da sempre più frequenti esplosioni di follia, a partire dal 1807 Hölderlin venne affidato ad un falegname di Tubingen, Zimmer, che lo custodì in una torre sul fiume Neckar, dove visse per 37 anni, suonando il pianoforte e scrivendo versi, firmandoli con nomi immaginari e con date inverosimili.

Il progetto ruota intorno all’opera poetica di Hölderlin. Intorno a questo centro gravitazionale vengono sviluppati e concatenati tre diversi percorsi: musicale, visivo, drammaturgico. L’immagine centrale di questo lavoro è una torre di vetro, piena di oggetti della memoria che si accumulano, proliferano. Hölderlin è dentro la torre, in cui è visto e non può vedere. Ma la sua visione va oltre, ci supera, organizza il supremo tentativo di intuire il vivente della natura e la rigenerazione dell’umanità nel cielo vuoto.
La parola di Hölderlin sfocia nella follia e ne riemerge per rispondere alla “buia domanda”.
Affascinante e pericoloso percorrerne la vita affannosa e scendere nei gorghi della sua vertiginosa poesia; affrontare il farsi e disfarsi del linguaggio cercando “la traccia degli dei fuggiti”; e attraverso il fuoco, il rame, il cristallo, l’acqua, la natura evocata come visione materica, rappresentare la lotta tra sfrenamento e ordine.

Ora vieni, fuoco:
abbiamo sete
di scorgere il giorno…
(L’Istro, Der Ister)

Si intraprende qui una ricerca sulla forma voce. Le corde vocali vibrano non per l’aria sospinta dai polmoni, ma per impulsi provenienti dai centri nervosi.

La voce trasmissione di conoscenza.
La voce espressione del caos interiore.
Entità regressiva, astratta
cercarsi nel fondo
una verità, le infinite memorie
espressione di complessità
mille frammenti dispersi che formano
l’uno.

Valter Malosti

  • dall’opera poetica di Friedrich Hölderlin
    (Patmo, A metà del vivere, Ricordo, L’Istro, Nella foresta, Mnemosyne)
  • un progetto di Valter Malosti
  • drammaturgia, composizione, interpretazione Valter Malosti
  • scene, immagini, sculture Lucio Diana
  • musiche di Giuseppe Gavazza eseguite dal vivo da Marco Bruno
  • produzione Goethe Institut Turin, Consorzio Settimo Voltaire, Teatro di Dioniso