Ella (1989)

Ella è la rielaborazione di un capitolo del romanzo Verrà il giorno (1973) di Herbert Achternbusch, riscritto nel 1978 su commissione di Klaus Peymann, direttore dello Staatheater di Stoccarda. Ella prende spunto da un modello vivo, la zia omonima, di cui Achternbusch è stato tutore.

ella

Nel suo accidentato viaggio verso il silenzio Ella, rimbecillita dalle botte e dalle brutture cui è stata sottoposta fin da piccola, ha progressivamente perso la capacità di esprimersi ma è assolutamente ferrea nel riferire i simboli delle varie gerarchie che l’hanno oppressa: il padre, il medico, lo psichiatra…
Prende così avvio un oceano di parole che registra in moduli scompaginati i ricordi di una memoria sgangherata, memoria che affastella, scompone, recupera episodi in un’assoluta sconnessione cronologica. Quella penuria di verbi, quella penosa ricerca del vocabolo adeguato che non arriva, le scarse tracce di un costrutto sintattico, fanno presumere frasi che, depauperate della propria identità, si accavallano una sull’altra, frantumate in un coacervo inestricabile.
Sulla scena, Josef, il figlio, impersona la madre Ella; racconta della propria esistenza, solo/a, fin quando un ultimo caffé al cianuro da lui/lei preparato ne stroncherà la sciagurata esistenza.

Note di regia

A luce piena l’attore, cui è richiesta non l’interpretazione, ma la più assoluta immedesimazione parlerà di sé, della sua vita fino alla morte.
Cinquantacinque minuti scanditi solo dalla rovinosa caduta di legni sul palco intesi come colpi, botte, frastuono di un’anima instabile.

Ho interpretato Ella di Achternbusch nel 1989 e questo lavoro ha segnato profondamente il mio modo di concepire il teatro, mi ha definitivamente persuaso che il lavoro dell’attore è il cuore ed il mistero dell’arte teatrale. Il corpo dell’attore quale luogo in cui e da cui tutto prende forma e informa, appunto, tutta  la  complessità di  energie  che danno vita al teatro. Una forza viva, vitale che muta ad ogni istante ed ha, per questo, necessità di una base solidissima nella struttura e nell’attenzione al singolo istante del lavoro di scena. Attraverso questa esperienza fatta sul mio corpo d’attore è iniziata una ricerca sul senso del teatro che ho tentato di portare avanti nei miei lavori come regista e non abbandonare quando a mia volta sono  stato diretto.

Valter Malosti

Spettacolo rappresentato in tre lingue (italiano, francese e inglese) per circa 170 repliche.
Menzione speciale al Fringe Arts Festival 1992 di Melbourne come miglior performer a Valter Malosti

Herbert Achternbusch nasce nel 1938 a Monaco, ma trascorre l’infanzia nella foresta bavarese. Inizia l’attività artistica come pittore. Pubblica le prime opere in prosa nel 1965 e alcune poesie nel 1966. Alla prevalente narrativa egli affianca, a partire dal 1978, anche un’intensa attività di autore drammatico. Nel 1974 esordisce come cineasta nelle vesti di sceneggiatore, regista, attore e produttore dei suoi film. È autore della sceneggiatura di Cuore di vetro di Werner Herzog. Contestatore, avversario irriducibile del livellamento consumistico tedesco e del partito di Franz Josef Strauss, come drammaturgo è vicino a quel teatro di lingua  tedesca, iperrealista, attaccato ad ambienti contadini e suburbani che ha fra i suoi  autori Franz Xaver Kroetz, Martin Sperr, Rainer Werner Fassbinder.
Achternbusch, anarchico ribelle dotato di una sorta di furia creativa, renitente ad ogni sistematicità nell’urlare la propria rabbia alla società in cui opera, riesce a trasfigurare la sua mancata  riconciliazione in seducenti testi nei quali la crudezza realistica e la polemica corrosiva trascolorano in evanescenze poetiche o in fantasie surrealistiche.
Estroso, penetrante, sfuggente a qualsiasi collocazione stilistica Achternbusch drammaturgo emerge come una delle personalità più vitali nel panorama della letteratura tedesca contemporanea.

Spettacolo rappresentato in tre lingue (italiano, francese e inglese) per circa 170 repliche.
Menzione speciale al Fringe Arts Festival 1992 di Melbourne come miglior performer a Valter Malosti

  • di Herbert Achternbusch
  • traduzione di Luisa Gazzerro Righi
  • regia Richi Ferrero
  • con Valter Malosti
  • produzione Granserraglio e Teatro di Dioniso