NAMUR

MERCOLEDI 8 MARZO 2017 | Unica data in Piemonte
MONCALIERI | TEATRO MATTEOTTI | ORE 21.00

di Antonio Tarantino
regia Teresa Ludovico

19 giugno 1815. L’armata francese è in rotta. Napoleone fugge verso Parigi.
Namur, piccola cittadina belga, ormai un paese di retrovia, è percorsa dalla soldataglia inglese e prussiana che, casa per casa, cerca i nemici. È notte, nei campi di grano cavalli sventrati, soldati sgozzati, sciabolati, ammassati si confondono nell’oscurità, fra gli arbusti e le fronde.
In una capanna fuori Namur, Marta, una vivandiera imperiale, non più giovane, sta facendo l’amore con Lucien, un imberbe fantaccino che alle pressanti richieste di conferma d’amore da parte della donna cercherà, fino all’alba, di sfuggire con imbarazzo e finzione. I loro dialoghi crudeli sveleranno universali meccanismi di coppia e la feroce assurdità della guerra.
Marta è una donna che ha scelto di rinunciare alla tranquilla finzione della vita domestica per seguire una libertà che paga a caro prezzo. Ha vissuto tutto, troppo, è stanca ed è pronta anche a morire, ma l’amore per il giovane soldato le restituisce forza e dignità. Lucien, giovane impaurito e confuso, sconvolto dagli orrori della guerra, per salvarsi, propone uno scambio di abiti che innescherà un grottesco gioco di ruoli.
Paura, coraggio, ribellione, sottomissione, verità, finzione, violenza, tenerezza, odio, amore. È la guerra con il suo odore, i suoi colori, i suoi suoni, i suoi nomi, le sue battaglie, la sua geografia, che demolisce ogni costruzione, ogni ordine, ogni grado, ogni certezza e … magma e caos.

Antonio Tarantino, con pennellate mirabili crea un affresco visionario di grande potenza evocativa. I fitti dialoghi dei due personaggi, con la loro bruciante universalità ,travalicano la capanna di Namur e risuonano nell’immensità della notte che si popola di Storia.
Il teatro di Tarantino è un teatro di sconfitti. Uno dopo l’altro , implacabilmente, i protagonisti dei suoi testi sono caduti a terra , battuti, colpiti alla sorte,ricacciati dietro quel muro di afasia che avevano cercato di perforare durante quei brevi istanti in cui il drammaturgo aveva dato loro parola e respiro. Non c’è stata vittoria sulla sofferenza e non c’è stata redenzione, perfino la tragedia si è sempre rivelata impossibile … Ed è proprio in questa condizione di perenne stasi , in questa prigionia della speranza all’interno della quale l’esistenza si macera nell’immutabilità del tempo che risiede gran parte del fascino oscuro della drammaturgia di Tarantino, autore novecentesco addirittura archetipico, incarnazione letteraria ( e non solo) di un secolo, il Ventesimo, di sconfitte irrimediabili e sogni infranti, guerre e conquiste materiali, massacri e utopie affogate nel sangue …

Massimo Lechi  (studioso dell’opera di Antonio Tarantino)

  • con Teresa Ludovico e Roberto Corradino
  • spazio scenico e luci Vincent Lounguemare
  • costumi Luigi Spezzacatene
  • realizzazione Artelier
  • collaborazione al movimento Elisabetta Di Terlizzi
  • assistente alla drammaturgia Loreta Guario
  • tecnico suono e luci Gianvito Marasciulo
  • produzione TEATRI DI BARI – KISMET OPERA

ph. Francesco Confalone