CAPATOSTA

VENERDI 3 MARZO 2017
ARTI | TEATRO GIRAUDI | ORE 21.00

scritto da Gaetano Colella
regia Enrico Messina

Siamo nello stabilimento più grande d’Europa, l’Ilva.
Siamo in uno dei tanti reparti giganteschi della fabbrica, Acciaieria 1 reparto RH.
Qui l’acciaio fuso transita per raggiungere il reparto della colata e gli operai sono chiamati a controllare la qualità della miscela.
La temperatura è di 1600 gradi centigradi.

Due operai sul posto di lavoro. Il primo è un veterano, venti anni di servizio alle spalle e un carattere prepotente, di chi si è lavorato la vita ai fianchi e il poco che ha lo difende coi denti, compreso il suo piccolo desiderio: fuggire da Taranto, coi suoi figli, per non tornarci più. Il secondo è una matricola, un giovane di venticinque anni appena assunto nello stabilimento. I due potrebbero essere padre e figlio.
In questo stabilimento dal 1962 ci sono generazioni di operai che si avvicendano, si confrontano, si scontrano e si uniscono. I padri hanno fatto posto ai figli e ai nipoti senza che nulla sia intervenuto a modificare questo flusso di forza lavoro. Si sono tramandati saperi ed esperienze così come usi e abusi, leggi tacite e modi di fare. Sembra che in questo scenario nulla sia destinato a mutare, che i figli erediteranno fatica e privilegi dei padri. Ma è davvero così?
Nuova drammaturgia, teatro civile… etichette possibili per una urgenza che non vuole essere chiusa o bollata con un’etichetta, ma vuole essere un prendere parola, restituire un sentimento di dolore e di impotenza insieme, condividendolo con una città e non solo, come solo il teatro può fare. Solo i gesti, i volti, le voci di attori possono riuscire a raccontare il sangue di una città ferita e divisa. Oltre l’informazione.

Note di drammaturgia
Sono andato a parlare con gli operai. Per giorni, settimane. Solo loro potevano restituire la dimensione del dramma, di quella frattura insanabile fra salute e lavoro che si sta vivendo in maniera sempre più violenta negli ultimi mesi. Solo così ho capito che il mondo operaio non è come lo vediamo in tv, quando scorrono quelle interviste in cui sono schierati di fronte alle telecamere con gli elmetti in testa e la faccia incazzata. Non è un blocco unico di coscienze allineate su una posizione. Ho trovato invece un universo pieno di uomini soli, spesso sbandati, che non sanno esattamente cosa fare né cosa sarà di loro, che non hanno punti di riferimento, che non conoscono i loro diritti e altri pronti a inventarne di nuovi; un universo profondamente lacerato da posizioni molto distanti, fra chi medita soluzioni, chi vendette, chi rancore, chi invece non se ne frega niente come non se n’è mai fregato. Chi pensa di scappare via, chi di lottare. È da queste figure che sono nati i due personaggi di questa storia. Perché incarnano lo spirito di una comunità intera e, probabilmente, di tutta la nostra nazione lacerata fra l’indifferenza da un lato e la voglia di cambiare dall’altra.
Gaetano Colella

Uno scontro fisico, passionale, generazionale, valoriale, tra il benessere acquisito da difendere ad ogni costo, anche rimettendoci la salute e la vita, ed i sogni di rivoluzione con i ruoli invertiti rispetto alla stereotipata visione dei giovani come svuotati e passivi, dediti soltanto allo sport dello smart phone. Un teatro necessario.
Tommaso Chimenti – Il Fatto Quotidiano
  • con Gaetano Colella e Andrea Simonetti
  • composizione sonora Mirko Lodedo
  • scene Massimo Staich
  • disegno luci Fausto Bonvini
  • datore luci Vito Marra
  • produzione CREST – TEATRI ABITATI in collaborazione con Armamaxa teatroli
  • spettacolo vincitore bando Storie di Lavoro 2015