Hedda Gabler

Siamo in un ambiente apparentemente tranquillo, una grande casa allestita secondo i canoni del paradiso borghese: agi, comodità, fiori recisi, il pianoforte, una collezione di pistole, un grande ritratto del padre di Hedda. Anche il paesaggio umano sembra confortante: una coppia appena sposata con un promettente futuro, una zia premurosa, un amico di famiglia, un uomo che torna alla rispettabilità e al lavoro, dopo qualche sbandamento, ispirato dalla pura dedizione di una donna. Ma niente è quello che appare nella fortezza che ha fondato i suoi valori su un grande equivoco: l’elusione della morte attraverso la fede nei beni materiali e nella protezione di maschere e convenzioni.
I soldi non bastano, l’amore non c’è, si scatenano invidie e rivalità, tornano a bruciare passioni che sembravano domate dalla ragionevolezza e dalla “buona educazione”.In questo “olimpo mortale” la posta in gioco è il potere di uno sull’altro guadagnato a suon di duelli.

La scena si apre dunque su un vero e proprio ring: quattro angoli di una stanza da guerra in cui stanno quattropoltrone, a terra un tappeto. Fuori dal quadrato, a sinistra, un pianoforte, che suggerisce quanto di vita si sta perdendo; a destra, la collezione di armi, fonte di divertimento e morte e gioco preferito di chi vuole il potere e mai se ne accontenta. Dentro il quadrato, civilmente, non si fa altro che parlare.Siamo in un mondo adulto che agisce da adolescente e che tutto sacrifica alle ‘prove di forza’, senza avere la speranza di trasformarle in un atto generoso, nel dono di sé che potrebbe significare anche amore. L’inferno è tale che, quando arriva la coscienza, non c’è altra via d’uscita che la morte, proprio quella che si voleva eludere…
Mettere in scena Hedda Gabler oggi è come celebrare un sacrificio umano: il ‘bambino’, l’opera distrutta, non a caso forse si riferiva al futuro, come nel futuro rimane la discendenza di Hedda. È tutto un mondo qui, con le sue regole, che rinuncia al futuro bugiardo per capire dove sia esattamente il presente.

Venerdì’ 16 Gennaio 2009 – Teatro Alfieri ore 21.00
HEDDA GABLER
di Henrik Ibsen

  • progetto, elaborazione drammaturgica e regìa Elena Bucci e Marco Sgrosso
  • con Elena Bucci, Maurizio Cardillo, Roberto Marinelli, Salvatore Ragusa,
    Giovanna Randi, Marco Sgrosso, Elisabetta Vergani
  • disegno luci Maurizio Viani, costumi Ursula Patzak
  • assistente all’allestimento Francesco Ghiaccio
  • con l’aiuto di Giulia Torelli, direttore tecnico e datore luci Loredana Oddone
  • direttore di scena e macchinista Giovanni Macis
  • fonico Valentina Bruno | sarta Marta Benini
  • CTB – Teatro Stabile di Brescia in collaborazione con Le Belle Bandiere