QUATTRO ATTI PROFANI

Stabat Mater, Passione secondo Giovanni, Vespro della Beata Vergine, Lustrini

di Antonio Tarantino
uno spettacolo di Valter Malosti

con (in ordine di apparizione): Maria Paiato, Valter Malosti, Mauro Avogadro, Michele Di Mauro, Mariano Pirrello

regia Valter Malosti
scene Botto & Bruno
suono G.u.p. Alcaro, luci Francesco Dell’Elba
costumi Federica Genovesi
scelte musicali e progetto drammaturgico Valter Malosti
assistente alla regia Elena Serra

musiche, suoni, voci
Ernesto Abbate, Vito Acconci, G.u.p. Alcaro, Johann Sebastian Bach, Syd Barrett, Libero Bovio, David Bowie, Alvin Curran, Michael Fahres, Gipo Farassino, Lou Handman, Gyorgy Ligeti, Gaetano Giani Luporini, Luigi Ingo, Edvard Grieg, Walter Marchetti, Matmos, Claudio Monteverdi, John Moran, Jim Morrison, BJ Nilsen, Giovan Battista Pergolesi, Ettore Petrolini, Pink Floyd, Portsmouth Sinfonia, Elvis Presley, Bruno Pronsato, Akira Rabelais, Giacinto Scelsi, Ira Schroeder, Johann Strauss II, Peter Ilyich Tchaikovsky, The Caretaker, Roy Turk, Yannis Xenakis, Tom Waits, Kanye West

Un ringraziamento per la realizzazione dell’allestimento scenico agli allievi delle Scuole Tecniche San Carlo:
Antonio Cordoglio, Luca Resce, Dennis Conte, Delia Colaninno, Claudio Fadda
produzione Fondazione del Teatro Stabile di Torino – Teatro Eliseo

Fantocci di parole rilegate in pelle
L’umanità portata in luce in modo intenso e straziante, ma anche dolorosamente comico, dai Quattro atti profani di Antonio Tarantino è quella nascosta nelle pieghe oscure della città e delle coscienze: i dimenticati. L’autore da voce a questi “fantocci di parole rilegate in pelle” facendoli esprimere in un’inaspettata e musicalissima lingua, che riesce a comunicare e a emozionare sfruttando un accidentato percorso linguistico. Questa lingua ha un suo spazio fisico molto concreto, è come un muro di parole che ci investe, una scrittura teatrale e antiteatrale allo stesso tempo, di sicuro politicamente scorretta, spesso sgradevole, incontinente.
Affronto questo lavoro con un cast straordinario e inaspettato di attori/autori, ognuno presente con la propria unicità. Agli interpreti solisti della troupe è richiesta una prova estrema e rischiosa: dovranno spingersi verso quel confine sottile della loro arte in cui ad una grande adesione emotiva e di verità, che coinvolge anche i loro corpi, incarnanti oscenamente questa sacralità del disagio, va unita una tecnica da attore/atleta, da funamboli che danzano sopra i fili sospesi sul magma linguistico di Tarantino, pronti alla poesia più sublime come al più volgare sberleffo da avanspettacolo.
Ho scelto di riunire in un unico corpus i Quattro atti profani, immaginando che le creature di questi quattro testi, in realtà autonomi, condividano la scena in una nuova creazione; progetto cui l’autore ha coraggiosamente aderito. Torino è per queste creature, che mi pare di riconoscere dentro i fantasmi del mio teatro di ombre, un luogo cruciale, e dentro lo spazio della città, che diviene un luogo/non luogo beckettiano, o metafisico com’è appunto il cuore segreto di Torino, li vedo muoversi e vomitare i loro flussi inarrestabili di parole, commoventi e sgradevoli; quasi attori di un visionario avanspettacolo in un deserto urbano fattosi sacro. Per rendere visivamente questo mondo ho pensato alla straordinaria coppia di artisti Botto & Bruno. Ho chiesto loro una crocifissione contemporanea, una sorta di Golgota suburbano che inglobasse una scena fissa per i diversi quadri, come nelle sacre rappresentazioni medievali. Il tutto arricchito dall’apporto creativo del mio gruppo di lavoro: i preziosi e articolati paesaggi sonori di G.u.p., le luci taglienti e allucinate di Francesco Dell’Elba e i costumi di Federica Genovesi, frutto di magnifici quaderni di visioni. L’ambientazione non ha un volontario taglio storico, né volontarie implicazioni sociali, né un giudizio morale, perché le creature che Tarantino racconta sono schegge emozionali libere e come tali vanno vissute. Mi sottraggo perciò ad un possibile teatro di denuncia per approfondire e cercare le mie radici espressive e tentare di parlare con le armi della poesia.

Valter Malosti

Dal 6 al 24 maggio 2009, alle Fonderie Limone di Moncalieri, va in scena in prima assoluta Quattro atti profani di Antonio Tarantino, per l’adattamento e la regia di Valter Malosti. Prodotto dalla Fondazione Teatro Stabile di Torino e dal Teatro Eliseo di Roma, lo spettacolo vede protagonisti, accanto allo stesso Malosti, Mauro Avogadro, Michele Di Mauro e Maria Paiato…

Quattro atti profani
(Stabat Mater, Passione secondo Giovanni, Vespro della Beata Vergine, Lustrini)

di Antonio Tarantino
con (in ordine di apparizione) Maria Paiato, Valter Malosti, Mauro Avogadro,
Michele Di Mauro, Mariano Pirrello

regia Valter Malosti
scene Botto & Bruno
suono Giupi Alcaro
luci Francesco Dell’Elba
costumi Federica Genovesi
scelte musicali e progetto drammaturgico Valter Malosti
assistente alla regia Elena Serra
musiche, suoni, voci
Ernesto Abbate, Vito Acconci, G.u.p. Alcaro, Johann Sebastian Bach, BJ Nilsen,Gipo Farassino, Gyorgy Ligeti, Gaetano Giani Luporini, Lou Handman, Luigi Ingo,Edvard Grieg, Matmos, Claudio Monteverdi, Giovan Battista Pergolesi, Portsmouth Sinfonia, Elvis Presley, Bruno Pronsato, Akira Rabelais, Giacinto Scelsi, Ira Schroeder,
Johann Strauss II, The Caretaker, Roy Turk, Yannis Xenakis, Kanye West
Un particolare ringraziamento per la realizzazione dell’allestimento scenico
agli allievi delle Scuole Tecniche San Carlo
Antonio Cordoglio, Luca Resce, Dennis Conte, Delia Colaninno, Claudio Fadda
Fondazione del Teatro Stabile di Torino
Teatro Eliseo

PRIMA ASSOLUTA

Sacra rappresentazione, mistero, via crucis, auto sacramental… Fantasmi, feticci, memorie sepolte (e scolastiche) che all’improvviso sembrano accendersi di nuova vita, come colpite da un fascio di luce cruda e violenta, nel momento in cui si incontrano e si percorrono, sulla scena o nei testi, i drammi di Tarantino. Al tempo stesso, davanti agli occhi della mente si materializzano, e si agitano nel pensiero, le ombre amate di Pasolini e Testori… L’“inesprimibile” cui Tarantino vuol dare presenza e voce è tutto quanto, tra noi e in noi, si agita nell’ombra: l’universo oscuro e miserabile dell’emarginazione e della malattia, perciò, che la società occulta nelle pieghe più oscure della città e della coscienza, per non vedere e fors’anche per non essere vista; ma soprattutto il buco nero che ogni uomo – l’Uomo in quanto tale – cela in sé, e nel quale si lascia precipitare solo nel momento in cui cede a una propria irredimibile alterità, si chiami disperazione o si chiami follia. Nel teatro archetipo che ha inventato per sé, Tarantino… opta per un parlato programmaticamente “basso”, impastato – in interferenza con un italiano sporco, diruto – di dialetti diversi… in funzione non mimetica e antirealistica. Non disponendo di una lingua colta, di una lingua alta, i personaggi non possono dire altro – non hanno parole per dire altro – che la propria verità: disvelando così, e anzi investendo di una luce crudissima, i coni d’ombra in cui si muovono le loro vite (da Il caso Tarantino di Elena De Angeli, in Quattro atti profani, Ubulibri, 1997). Per questa nuova produzione, Valter Malosti ha scelto di riunire in un unico corpus i “quattro atti”: «Ho immaginato che le creature di questi quattro testi, in realtà autonomi, che abitano, o hanno abitato, a Torino, condividano la scena in una nuova creazione. Nuova creazione cui l’autore ha coraggiosamente aderito».