AMLETO

di William Shakespeare

uno spettacolo di Valter Malosti
Sound designer  G.U.P. Alcaro
Costumi Federica Genovesi
Light designer Francesco Dell’Elba
Scene di Nicolas Bovey
Cura del movimento Alessio Maria Romano
Assistente alla regia Elena Serra
macchinista e costruttore Gennaro Cerlino
musiche originali Bruno De Franceschi
versione italiana e adattamento Valter Malosti

con Valter Malosti (Re, Spettro, Primo attore), Sandra Toffolatti (Regina), Mariano Pirrello (Polonio, Becchino), Leonardo Lidi (Amleto),  Roberta Lanave (Ofelia),  Mauro Bernardi (Laerte), Christian Mariotti La Rosa (Marcello, Guildenstern, Oscric, Secondo Becchino),  Jacopo Squizzato (Orazio), Annamaria Troisi (Bernardo, Rosencrantz, Suora)

direttore degli allestimenti scenici Claudio Cantele • responsabile ufficio allestimenti Gianni Murru • responsabile reparto direzione di scena Marco Albertano responsabile reparto macchinisti Vincenzo Cutrupi • responsabile reparto elettricisti-fonici Franco Gaydou • responsabile del laboratorio di costruzione Roberto Leanti . responsabile settore produzione e programmazione Barbara Ferrato • responsabile ufficio produzione Salvo Caldarella • costruzione scene laboratorio della Fondazione del Teatro Stabile di Torino • scenografo realizzatore Ermes Pancaldi • aiuto fonico Claudio Tortorici • attrezzista Matteo Lainati •sarta Gaia Paciello • assistente volontaria alla regia Anna Charlotte Barbera • foto di scena Andrea Macchia •Teatro di Dioniso •  amministrazione Paola Falorni • organizzazione Paolo Ambrosino

Teatro di Dioniso / Fondazione del Teatro Stabile di Torino
con il sostegno del Sistema Teatro Torino

 si ringrazia il Comune di Asti e il Teatro Alfieri di Asti per la preziosa collaborazione

Dice Testori a proposito dell’Amleto: «La grandezza dell’Amleto è tutta in questo rompersi della dimensione formale che si lascia trapassare e fa spazio all’urlo profetico che l’opera propriamente contiene ed esprime. Lo stile traballa per permettere che la tensione di quella chiamata e richiesta così totale arrivi a farsi pronuncia, o almeno balbettio. La vera struttura dell’Amleto è la totalità con cui ripropone il cuore del problema umano, è quella suprema domanda sul senso dell’esistere. Questa domanda, poi, nell’Amleto di Shakespeare non è posta in termini astratti o sfuggenti, ma è urlata dentro il rapporto tra padre e figlio che è luogo realistico, carnale e umano.» Con questo nuovo spettacolo sale a quattro il numero delle rivisitazioni, degli assalti, degli “imbastardimenti, degli strozzamenti” come direbbe Testori, che ho tentato su e anche contro questo testo.
Ora riparto proprio dal testo, in questo spettacolo ci saranno solo le parole dell’Amleto di Shakespeare e in particolare quelle contenute nella versione in Folio del 1623, punto di partenza della nuova versione italiana che tenterà di stare a tempo con la lingua dell’originale, per più di due terzi scritta in blank verse (versi decasillabici non rimati).
Ho chiesto ai miei attori di prendere il testo alla lettera, la poesia di Shakespeare è a mio avviso sempre concreta, e quando si riesce dare un corpo a questa concretezza improvvisamente il fiume delle parole scorre impetuoso e insieme limpido. Non si deve pensare di recitare la grandezza letteraria  e poetica di questa lingua ma pensare alla vita interiore del personaggio. Se tutto ciò, come dice Brook, diviene decorazione esteriore, casca tutto l’edificio e ci ritroviamo in un istante nella convenzionalità e nell’artificio. Dunque la nostra ricerca sarà orientata a una naturalezza secca e appuntita. Accade una cosa straordinaria con questo testo se si tenta di prenderlo alla lettera e stare dentro questo sentiero della naturalezza e della concretezza che non vuole dire sciatteria ma ipotizza una sfida fisica e carnale. Improvvisamente si sentono delle persone che parlano con parole che non sembrano distanti da loro ma che sembrano giuste per quello che devono esprimere.
Da lì questa costante impressione di “contemporaneità” che non vuol dire far Shakespeare con i jeans ma che quelle parole le potremmo dire anche noi.
Certo poi da questa concretezza si spalanca, come dice Nadia Fusini, “l’apertura di una parola che mette in scacco l’azione e conduce il dramma verso la sponda del nonsense, del doppio senso, dell’equivoco, di un teatro che della tragedia fa puro spettacolo, gioco del tutto”.
La scelta di ambientazione dello spettacolo in un ottocento reinventato, trova la sua eco in una suggestione, illuminante, di Cesare Garboli, il quale intravedeva una misteriosa trasparenza borghese all’interno di quella che si può considerare una tragedia barbarica. Per noi italiani questa suggestione si può incarnare in uno “specchio ottocentesco, in cui si riflettono, e si nascondono, come in ogni brava famiglia che sia degna di chiamarsi borghese, l’adulterio, il fratricidio, l’incesto?”.
Meno mi ha interessato tutto l’intreccio secondario, già depauperato radicalmente nel Folio del 1623, che riguarda Fortebraccio e il gioco del potere sullo sfondo della tragedia.
La nostra scena avrà come centro quello della stanza della madre (e prima del padre): il letto reale di Danimarca in cui Amleto svilupperà tutto il suo agire come se la sua mente fosse da sempre imprigionata lì dentro, in quella camera da letto / prigione / tomba. Scena della mente in cui si materializzerà anche l’altro grande tragedia: quella del desiderio, in cui Ofelia diviene lo specchio e colei che patisce sulla propria carne le ferite dell’anima di entrambi.
In scena con me, oltre a Sandra Toffolatti e Mariano Pirrello, ci sarà un nucleo di giovanissimi attori tutti diplomati nel mio primo biennio di lavoro come direttore della Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino, terza tappa del Cantiere shakespeariano dopo Sogno e Lo stupro di Lucrezia. Una bella utopia che sperò trovi anche uno spicchio di futuro.

Valter Malosti

Date Tournée 2013

25 febbraio 2013-Asti-Teatro Alfieri
dal 27 febbraio al 3 marzo 2013- Brescia-Teatro Sociale
dal 5 al 24 marzo 2013- Torino-Teatro Gobetti
dall’11 al 13 aprile 2013 – Bellinzona–Teatro Sociale

 

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