Inverno (2003)

 

Domani non potrò venire qui.
Io sono un sognatore; ho vissuto così poco la vita reale che attimi come questi non posso non ripeterli nei sogni: vi sognerò per tutta la notte, per tutta la settimana, per tutto l’anno…
Fedor M. Dostoevskij, Le notti bianche

 

00 inverno1
01 inverno2
02 inverno4
03 inverno3
04 inverno
inverno5

Inverno è la storia di un incontro. Ma… questo incontro è una coincidenza o fa parte di un gioco che noi ignoriamo? Un uomo e una donna, di cui non sapremo mai i nomi, forse una prostituta e un timido impiegato, intrecciano i loro corpi e le loro parole affrontandosi in una lotta di seduzioni e silenzi, alternativamente in uno spazio aperto (un parco cittadino) e in uno spazio chiuso (una stanza d’albergo). È la storia di un amore, ma l’atmosfera è quella di un’ora enigmatica, di un mistero; del resto Fosse è interessato a cosa c’è sotto le parole, nelle pause, nei silenzi e i frammenti di conversazione sono orchestrati con un ritmo fortemente musicale, che sembra dettato dalle emozioni e dal conflitto interiore dei personaggi. E questo suono interno dà il tono a tutto lo spettacolo, costringendo gli attori ad un attento esame dei più minimi impulsi, del rumore del loro respiro, coinvolgendo gli spettatori in questo gioco delle emozioni, giocato nella più assoluta essenzialità scenica e di sentimenti, tutto a fior di pelle. E la sensazione che rimane addosso, oltre ad un forte senso di spiazzamento spazio-temporale, è quella di un testo onirico, poetico e fragile, doloroso e pungente, scandito da una ironia continua e leggera.

Valter Malosti

Da subito, ho avvertito in letteratura questa voce che era là ma che, paradossalmente, non diceva niente di per sé stessa. Ciò che era strano era che, al di fuori della buona letteratura, salì questa voce che non era verbale, che non diceva niente di preciso, che era là, solo, come qualcosa che potrebbe anche essere udito, ma come una parola senza parole che arriva da molto lontano. E poi mi colpì che questa voce fosse collegata in maniera precisa allo scrivere. Ed ecco perché io la chiamo la voce dello scrivere. Perciò l’arte, per me, era collegata a questa voce quasi inumana e alle sua umile parola. E quello che era paradossale e strano era che questa voce stava lì, e non diceva niente. Una voce silenziosa. Una voce che parla rimanendo muta. In un certo senso è una voce che arriva dal silenzio e che diventa udibile a volte attraverso le parole degli altri, il narratore e i personaggi di un romanzo, per esempio, o quelli di una commedia.
Una parte della mia avversione per il teatro era indubbiamente collegata al fatto che il teatro mi appariva offrire solo cultura, non arte. Il teatro proponeva solo uno spazio per quello che era, ai miei occhi, solo un stanco evento culturale. Nessuna voce, come quella di cui sto parlando, si faceva sentire. O almeno non mi è mai accaduto di udirla. […] più spesso, quando andavo a teatro, trovavo solo un consenso culturale, chiacchiere oziose su soggetti che si trattavano già allo stesso modo sui giornali e alla televisione, o anche invenzioni formali in uno stile modernamente vuoto. Dovevo scappare il più in fretta possibile da questo asfittico consenso culturale che minacciava sottilmente di portarmi via tutto il coraggio di vivere. Quindi ho sperimentato un teatro capace di abbracciare la distanza che separa la cultura dall’arte, e quando il teatro diventa arte, lo diventa davvero. Questa esperienza, io l’ho provata, attraversata. E quando accade, si incontra qualcosa, una particolare voce di silenzio mai incontrata prima. Una persona può realmente essere marchiata da una voce di silenzio, e la vita, dopo un incontro con questa voce, non potrà più essere come prima.

Jon Fosse

2003 INVERNO estratti di rassegna stampa

  • di Jon Fosse
  • traduzione Graziella Perin
  • regia e spazio scenico Valter Malosti
  • con Michela Cescon e Valter Malosti
  • musiche originali Carlo Boccadoro
  • luci di Francesco Dell’Elba
  • costumi di Patrizia Tirino
  • produzione Teatro di Dioniso in collaborazione con Asti Teatro 25
  • ph. Diego Beltramo