Baccanti (2002)

“Chi conosce la forza della danza è in Allah, perché sa come l’amore uccida.”
Rumi

Il coro delle Baccanti
 

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Mi ha sempre colpito il titolo di questa tragedia. Perché non si chiama Dioniso o Penteo o Agave? Non sono loro i protagonisti della tragedia? Euripide ci vuol dire che il motore intimo del racconto sono le donne straniere arrivate a Tebe, Le Baccanti?
E allora ho costruito lo spettacolo a partire dal coro di queste donne, che scelgono di aderire intimamente a Dioniso, seguendolo addirittura a Tebe a rischio della loro vita. Immagino infatti che le parole dei cori siano tutte dette da dentro le prigioni di Tebe.
Questa scelta di approfondire il coro ci ha rivelato una sua sconvolgente verità umana, in un percorso che va dall’ebbrezza della danza e della corsa libera sui monti, al ricordo di quella danza nei corpi incarcerati nelle prigioni di Tebe. E allora le vedo queste donne, lì dentro, a raccontare delle storie: storie lontane come la nascita di Dioniso e l’amore furente di sua madre Semele per Zeus; storie vicine come la loro storia d’amore e d’estasi con Dioniso. Le vedo vivere prima la gioia e poi lo smarrimento quando la prigionia si prolunga, la nostalgia per Dioniso, la rabbia verso il tiranno Penteo, la voglia che la sua reggia sia distrutta dal fuoco e dal terremoto, e che lui stesso muoia in modo orrendo, magari fatto a pezzi e sbranato dalla madre. Alla fine, fuori dalla prigione, resta loro solo il ritorno alla quotidianità insieme all’inquietudine per l’assenza del dio, ora lontano, finita l’estasi rimane la solitudine degli esseri umani.

Ogni baccante deve sentire Dioniso come se fosse per sé e allo stesso tempo deve vibrare all’unisono con le altre: il tìaso, il gruppo. Dioniso a differenza degli altri dei è un dio che ti scorre dentro.
Deve essere quindi un lavoro di “persone”, non di personaggi, il coro deve risultare un nucleo di persone distinte che insieme devono formare un unico corpo, in cui tutti gli organi lavorano insieme e indipendentemente, e in cui la specificità di ogni singola partitura si fonde nella globalità di un solo movimento, di un solo respiro.

Sai cosa vuol dire vivere in un sogno?
Ciò che tu non sei, sei:
e, ogni notte, lo frequenti.
Pier Paolo Pasolini, “Orgia”

Penteo e Dioniso

L’altra direzione di ricerca è quella del rapporto duale Dioniso/Penteo, che scatena una lunga serie di opposti: fuori/dentro, interno/esterno, cultura/natura, maschile/femminile, vedere/essere visti, aperto/chiuso, passato/presente, umano/divino, legge/disordine, ragione/irrazionale, movimento/stasi, sonno/veglia, vicino/lontano… (e l’elenco sarebbe senza fine).
È come se tutto fosse visto in soggettiva da Penteo, che non sa se Dioniso è fuori o dentro di lui, Dioniso è un dio troppo vicino agli uomini, ti guarda in faccia, con lui si sta “occhi negli occhi”, è uomo o è donna? Devastato da una lotta interiore, Penteo non sa se imprigiona o è imprigionato, è un uomo in deflagrazione, è l’uomo di fronte al dio, all’altro da sé, lui vive al sole, l’altro da sé ama la notte, ha la carnagione chiara, è liquido tanto quanto lui è terra, della stessa stirpe dei guerrieri figli di Cadmo, nati dalla terra. La solitudine dell’uomo di fronte alla forza spaventosa del proprio immaginario, un viaggio mentale ed onirico ai confini di sé, dove si perde il nome, la casa, la madre, dove il fuoco tutto distrugge, dove non esistono più muri, dove da uomo ci si traveste da donna e ci si fa guidare da un toro per le strade della città, guardato da tutti, per andare a vedere le baccanti sopra i monti in un viaggio terribile e straziante verso il femminile, dove si è fatti a pezzi dalla propria madre oppure si diventa la propria madre.
Dall’intersecarsi, dal rifrangersi, da rispettive invasioni di questi due direzioni di ricerca nasce lo spettacolo che dopo un primo studio a Ivrea nell’aprile 2002 si presenta come creazione originale per il Festival delle Colline Torinesi.

Valter Malosti

Note su Le Baccanti_di Alice Rohrwacher

libero adattamento di Alice Rohrwacher e Valter Malosti dalla traduzione di Giulio Guidorizzi
uno spettacolo di Valter Malosti

  • da Euripide
  • con Michela Cescon e Valter Malosti
  • e con Giulietta Debernardi, Alessia Donadio, Marta Gallo,
    Silvia Montagnini, Cristina Ruberto, Chiara Scorrano, Carlotta Viscovo
    Guardie Ilario Cattaneo e Francesco Oberto Tarena
  • cura del movimento Barbara Altissimo
  • spazio scenico Valter Malosti e Iole Cilento, videoinstallazione Paolo Calafiore
  • luci Francesco dell’Elba, costumi Elena Gaudio e Roberta Vacchetta
  • costruzioni scene Gennaro Cerlino
  • foto di scena di Diego Beltramo, immagine della locandina Paolo Leonardo
  • frammenti poetici e letterari da: Charles Baudelaire, Roberto Calasso, Alda Merini,
    Giovanni Raboni, Arthur Rimbaud, Saffo, Patrizia Valduga
  • musiche e voci: John Adams, Armand Armar, Bjork, Carlo Boccadoro, Gerard Depardieu,
    Brian Eno, Yoxan Goikoetxea & Juan Mari Beltran, Bill Laswell, Valter Malosti, Meredith Monk,
    John Tavener, Tricky, Hector Zazou, Richard Wagner
  • produzione Crut /Teatro di Dioniso /Teatro Giacosa di Ivrea
  • un progetto Residenza Multidisciplinare di Ivrea e del Canavese
  • creazione originale per il Festival delle Colline Torinesi
  • si ringraziano Il Mulino d’Amleto di Montaldo Dora, Scuola del Teatro Stabile di Torino
  • ph. Diego Beltramo