IFIGENIA IN CARDIFF (2017)
Effie la sfrontata, la sboccata, la squattrinata Effie vive in un Galles di periferia, a sud di Cardiff, nel quartiere di Splott, dove conduce un’esistenza irregolare senza progetti, senza futuro.
Vive di niente Effie; qualche spicciolo dall’assistenza sociale e i soldi che, tra un litigio e un altro, la nonna le lascia sul tavolo sbattendo la porta. Come in un film di Ken Loach, Effie è una dei tanti relitti di umanità ai margini a cui nessuno si interessa, tranne per dare distrattamente un’occhiata al suo bel fondoschiena.
La sua identità Effie la cancella tutte le sere distruggendosi di alcol: sotto botta alcolica, il mondo grigio e ostile non esiste più.
“Compagni di sbronze” di questa creatura suburbana sono la coinquilina Leanne e Sacha, l’amico un po’ sciocco con cui scopa senza fantasia e senza amore.
E se fosse proprio l’Amore a cambiare la sua vita? Un incontro, in una notte alcolica e folle, un uomo diverso dagli altri, un soldato tornato dall’Afghanistan, segnerà l’inizio di una trasformazione. Questa buffa e sguaiata crisalide dimostrerà a se stessa di poter essere migliore di come è stata fino ad allora. Anche se nulla è come sembra, anche se altri colpi di scena ribalteranno ancora una volta la rotta, Effie non sarà mai più la stessa.
Ifigenia in Cardiff di Gary Owen (dall’originario Iphigenia in Splott), è un delirio monologante denso di lucidità che si rivela a poco a poco, ribaltando gli equilibri del senso comune e scardinando moralismi e perbenismi vari, con il suo attacco sferrato in pieno viso contro l’ipocrisia della società e di una politica dell’austerity che finisce per stringere la morsa sempre sui soliti noti: i più deboli.
Con un linguaggio abrasivo pieno d’ironia tagliente, Owen affonda il coltello nelle maglie sconnesse della contemporaneità, consegnandoci il ritratto al vetriolo di una Ifigenia moderna che non ci sta ad essere la vittima sacrificale di un sistema già scritto, reagisce, si oppone al fato che la vorrebbe vendicativa e miope, con un inaspettato, gratuito e sconcertante atto di compassione.
Davanti ai fallimenti del nostro tempo, Effie non è di certo un capro espiatorio ma testimone ferale e voce d’accusa contro un potere che, con la sua ingombrante ingordigia, divora le vite degli altri.
A questa “nuova” Ifigenia dà corpo e voce Roberta Caronia, in una prova estrema e perturbante, dentro uno spazio dove nulla ci distrae dalla “passione” laica squadernata in una via crucis che si dipana dentro un paesaggio che di greco non ha più niente: locali oscuri, spiagge devastate, fabbriche che sembrano astronavi schiantate, montagne di metallo, binari di treno che non portano più a nulla, gru, tubi, cataste di ciminiere, ospedali labirinto, pony selvaggi, pneumatici scoppiati, elicotteri che rombano forte sulle teste, water abbandonati, rovine di case, lastre di cemento come lapidi, vetri che scintillano alla luna.
Lo spettacolo ha debuttato in prima nazionale il 16 giugno 2017 all’interno della 22ma edzione del Festival delle Colline Torinesi.
Il primo studio è stato presentato a dicembre 2016 nell’ambito della rassegna Trend – Nuove frontiere della scena britannica di Roma
Qui un estratto dalla rassegna stampa
- di Gary Owen
- traduzione Valentina De Simone
- con Roberta Caronia
- regia di Valter Malosti
- luci Francesco Dell’Elba
- produzioneTeatro di Dioniso