Corsia degli Incurabili in tournée

Teatro i – Milano
dal 24 al 28 novembre 2010  – ore 21.00

Teatro Tà  Ta – Taranto
18 dicembre 2010 – ore 21.00

CORSIA DEGLI INCURABILI
di Patrizia Valduga
uno spettacolo di Valter Malosti

con Federica Fracassi
suono e programmazione luci G.U.P. Alcaro
costumi Federica Genovesi
scelte musicali, luci, spazio scenico Valter Malosti

musiche voci e suoni G.U.P. Alcaro, Harold Arlen & E.Y. Harburg, Ludwig Van Beethoven, Carmelo Bene, Uri Caine, Enrico Caruso, CCCP, Leonardo Maria Cognetti, Gabriele D’Annunzio, Filippo Del Corno, Giovanni Lindo Ferretti, Judy Garland, Christoph Willibald Gluck, Hélène Grimaud, Vincenzo La Scola, Franz Liszt, BJ Nilsen, Portsmouth Sinfonia, Akira Rabelais, Fausto Romitelli, Richard Strauss, Francesco Paolo Tosti, Richard Wagner, Tom Wallace, Chris Watson
fonico Simone Gaboardi
foto di scena Irene Ivaldi
realizzazione scene Laboratorio della Fondazione del Teatro Stabile di Torino
una produzione Teatro di Dioniso / Residenza Multidisciplinare di Asti
in collaborazione con Teatro i / Festival delle Colline Torinesi

Continuando la feconda collaborazione tra Teatro di Dioniso e Teatro i, nata lo scorso anno sul Progetto Testori e tra Teatro di Dioniso e Festival delle Colline, Valter Malosti dirige per la prima volta Federica Fracassi in un progetto comune.
Corsia degli incurabili, pubblicato nel 1996, è un atto unico scritto in versi da Patrizia Valduga, una delle voci più significative della poesia contemporanea italiana. Il/la monologante si esprime in una lingua che si nutre del rapporto-divario tra linguaggio alto e linguaggio basso, “qui spinto fino ad impastare in una sola ipotesi tonale gli estremi del sublime e della più trita umiliante attualità: oggetto questa di uno sdegno di matrice dantesca che la Valduga usa anche per ridare un senso e dignità di vita a ciò che i nostri esausti tempi d’impostura tendono a non considerare vita.”

«Ho immaginato un lavoro intimo e scabro.
Una donna “soldato del dolore”, malata terminale, giace in una stanza d’ospedale, immobile, inchiodata su una sedia a rotelle, i capelli divenuti rampicanti; i muri scrostati e le poche luci si animano come esseri viventi, respirano, agonizzano, soffrono, amano con lei.
Con determinazione la donna lancia le sue parole che si fanno, di volta in volta, invettiva, desiderio, scherno, preghiera, bisbiglio, confessione, provocazione, accompagnata da una partitura sonora tesa e multiforme, una sorta di suono interiore emotivo e disturbato, che passa dalla natura rivisitata da Chris Watson, tocca le ultime sonate per pianoforte di Beethoven, Wagner e Tosti, si incendia con Fausto Romitelli e urla con Giovanni Lindo Ferretti»
(Valter Malosti)