“ …Esilarante, eh, lo so! Esilarantissimo. Lo so.
La vista chiara, aperta, delle passioni – e siano anche le più tristi, le più angosciose –
ha il potere, lo so, di promuovere le risa di tutti! …”
(L’uomo, la bestia e la virtù – atto I, scena VII)
Nel 1750 Goldoni compone sedici commedie, introdotte dal manifesto de Il teatro comico. È in questo gruppo che fa la sua prima apparizione La bottega del caffè, destinata a diventare un titolo celebre. Un’opera da subito entrata nel canone, eppure piena di misteri e ambiguità; un titolo che nel tempo ha suscitato riletture complesse, come quella di Rainer Werner Fassbinder.
Essere geniali, in circostanze difficili, può essere un problema, per gli altri soprattutto.
Parte da questa considerazione il lavoro di approfondimento curioso che Marco Paolini e Francesco Niccolini hanno dedicato alla figura di Galileo.
È la deformità delle nane che abbiamo scelto per rivelare la bellezza dell’anima. Nello spazio chiuso in cui gli uomini le costringono, le figlie di Bernarda aprono la breccia del sogno e dell’amore (Antonio Dìaz-Floriàn)
TORNANDO A ROSVITA
Roghi di giovinette, stupri e torture, cedimenti, amori impossibili che non si arrestano neanche davanti alla necrofilia, padri autoritari e pii: miniature medievali che riaffiorano da un passato remoto e che si perpetuano sempre uguali (se solo le sappiamo leggere) nelle cronache quotidiane del pianeta.