Requiem per voci, samples e piccola banda jazz

Il mio giudice di Maria Pia Daniele è un testo teatrale che nasce da un lungo e sofferto lavoro. Lo misi in scena nel 1993 e lo spettacolo fu scelto per rappresentare l’Italia alla Bönner Biennale (Bonn, giugno 1994).
Molti anni dopo ho risposto all’invito della Regione Piemonte per la “Ia giornata regionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie” riproponendo estratti di questo testo dedicato a Rita Atria, in una nuova rielaborazione costruita a quattro mani con Furio di Castri. La musica diventa parte integrante della narrazione e dà vita a una drammatizzazione sonora in cui requiem, corali, tanghi e valzer vengono remixati con frammenti, voci e samples estratti da documenti storici relativi a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e alle deposizioni dei protagonisti del maxiprocesso. Una rilettura disillusa, lirica e caustica, che cerca di delineare il dramma e il paradosso di quel tragico passaggio della nostra storia recente. 

Su Rita Atria

La storia di Rita Atria, testimone di giustizia del giudice Paolo Borsellino e importante teste per le inchieste antimafia di Falcone e Borsellino, l’abbiamo conosciuta tutti attraverso le cronache giornalistiche: terrorizzata dalla solitudine nella quale la tragica morte dei giudici Falcone e Borsellino l’aveva lasciata, abbandonata dalla famiglia e dalla comunità del proprio paese d’origine, si è suicidata gettandosi dalla finestra dell’appartamento in cui viveva nascosta, sotto stretta sorveglianza delle forze dell’ordine. A suggello di questa storia sciagurata di profonda solitudine, abbiamo dovuto anche leggere dello sfregio inferto sulla sua tomba dalla madre, che non aveva mai approvato la scelta di Rita di collaborare con la giustizia.
Resta, da queste note di cronaca, lo sgomento di un incomprensibile silenzio, calato su una vicenda a cui il pregiudizio culturale e l’isolamento sociale hanno negato il diritto di memoria e di parola.
Figure come quella di Rita sono simbolo del coraggio del cambiamento. Rita cerca una strada di autenticità fuori dalla menzogna, la via verso un nuovo ordinamento, una nuova religione che è in realtà religione dell’origine: la legge non scritta dell’anima. Tutto ciò non arriva a compimento, si scontra con la solitudine, il vuoto e l’assenza di riferimenti.     Rita emerge dal nulla e viene risucchiata dal nulla.    Rita usa la parola per affrancarsi: parola che non spetta ai “servi” e alle donne. La sua è una tragedia solo apparentemente “siciliana”. La sua città è la nostra città, quella guerra civile riguarda noi tutti, è anche la nostra guerra. Per questo le offriamo ancora una volta la nostra voce.

A descrivere infine con una poesia dolente e potente il rapido svolgersi delle due tragedie prima di Falcone e poi di Borsellino, che provocherà il suicidio di Rita, troviamo una figura di giudice, qui incarnata da Ajala, che come un veggente si aggira tra la distruzione provocata dalla strage di via d’Amelio e ci porta la voce di chi, ancora vivo, rende straziante la perdita e si fa portavoce della nostra indignazione.

Valter Malosti

Venerdì 7 Novembre 2008 – Teatro Alfieri ore 21.00

  • di Furio di Castri e Valter Malosti
  • estratti da ” Il mio Giudice” di Maria Pia Daniele dedicato a Rita Atria
    e frammenti sonori da voci e testimonianze relative a Giovanni Falcone,
    Paolo Borsellino e ai protagonisti del maxiprocesso
  • con Furio di Castri contrabbasso – Valter Malosti voce recitante
  • Barbara Raimondi, Sonia Schiavone, Erica Sollo Voci cantanti
  • Lidia Miceli voce recitante
  • Ruben Bellavia Percussioni – Ivan Bert Tromba – Alberto Borio Trombone – Gianni Denitto sax
  • composizioni musicali Furio di Castri – scelte drammaturgiche Valter Malosti
  • Suoni GUP Alcaro Luci Francesco dell’Elba