Parole d'Artista X

GABBIANO

VENERDÌ 5 FEBBRAIO 2016
ASTI | TEATRO ALFIERI | ORE 21.00

di Anton Čechov
adattamento e regia di Carmelo Rifici

Note di regia
Perché scegliere di fare Gabbiano? E’ la domanda che continuo a farmi, alla quale non ho risposta. Almeno non una.

Intanto è un Classico e questo mi permette di lavorare sulla memoria di un testo che ho sempre amato, su cui ho sempre lavorato, sul quale ho fatto centinaia di ipotesi, che ogni volta cambiano e si contraddicono. In secondo luogo mi viene da dire che Gabbiano parla di cose che tutti sanno: di rapporti familiari, di conflitti e di delusioni, senza averne consapevolezza. Entrare in un mondo familiare e vedere che ogni volta ti mostra qualcosa che non avevi notato dà la curiosa sensazione di visitare un universo conosciuto e, al tempo stesso, misterioso: “Čechov è talmente semplice che fa paura”, diceva Gor’kij. Gabbiano è veramente un testo misterioso: ci mostra un’umanità, una famiglia che non riesce mai ad essere sincera e che, per riuscire a convivere, deve continuamente mentire e immaginarsi di essere qualcosa che non è.
Nel momento però che una cosa è immaginata, non diventa comunque vera?
In Gabbiano tutti si rappresentano, anzi sono tutti ossessionati dalla rappresentazione. Si impegnano a vivere una vita che non è la loro e tentano di eternarla, di renderla un presente continuo. Non sarà perché tentano disperatamente di fermare la vita e il bloccare dentro di loro il sinistro desiderio di voler uscire, volare via per fare parte di qualcosa di più grande? Kostantin, nel suo testo, parla di un’anima universale che tutto ingloba; il medico Dorn parla del destino dell’umanità di ricongiungersi, prima o dopo, ad un tutto. Nina dice: “pensano che io voglia fare l’attrice, ma io sono attratta dal lago, come un gabbiano”. “Anche lo spirito è fatto di materia”, dice il maestro Medvedenko. Teatro e mistero, verità e sogno. Non a caso i protagonisti sono attori, scrittori, registi, e l’umanità che gira intorno a loro, fatta di contadini, di lavoratori, non sogna altro che essere attori e scrittori.
Ossessione della rappresentazione di sé. I personaggi recitano su un palcoscenico che si specchia in un lago che mostra a sua volta la loro misera umanità e l’incapacità di volare in alto. Il lago li attrae verso il basso. Il lago: l’etimologia della parola viene dal latino Lacus e significa cavità, spaccatura, incavo riempito d’acqua, che lega anche con lakkós, il baratro. Se la parola fosse presa nel suo significato simbolico, potremmo dire che chi vive vicino ad un lago vive su una spaccatura, su un baratro. Il lago, quindi, condiziona le vite di chi lo abita, di chi lo affronta. L’incavo è però riempito d’acqua dolce, piatta, che fa da specchio. Per questo, spesso, il Lago diventa anche sinonimo di occhio, è l’occhio (profondo) dentro il quale ci si specchia. Il teatro è il grande specchio del mondo. Non potrebbe essere che il lago e il teatro in Čechov siano la stessa cosa? Non potrebbe essere che è la rappresentazione a spingere l’uomo verso il baratro e a impedirgli di spiccare il volo verso l’alto? Ma l’ossessione alla rappresentazione non è comunque un tentativo dell’uomo di sconfiggere la morte? Immaginarsi di essere altro da sé e dare corpo all’immaginazione, non è un modo per lasciare delle tracce nel mondo? Carmelo Rifici

Lo spettacolo nasce dopo la nomina di Carmelo Rifici a direttore del Teatro di Lugano: egli si trova nella straordinaria condizione di inaugurare un nuovo teatro che si specchia nel lago della città, proprio come Kostantin che inizia la sua avventura di scrittore costruendo un teatrino sulla riva del lago di casa. Il teatro si chiama LAC, che in francese significa lago.

con, in ordine alfabetico,
Giovanni Crippa, Ruggero Dondi, Zeno Gabaglio, Mariangela Granelli, Igor Horvat, Emiliano Masala, Maria Pilar Pérez Aspa, Fausto Russo Alesi, Giorgia Senesi e Anahì Traversi
e con l’amorevole partecipazione di Antonio Ballerio

  • scene Margherita Palli
  • scenografie, oggetti di scena e costumi realizzati dai Laboratori del Piccolo Teatro
  • costumi Margherita Baldoni
  • costumi Margherita Baldoni
  • musiche Zeno Gabaglio
  • luci Jean-Luc Chanonat
  • assistenti di regia Agostino Riola e Francesco Leschiera
  • assistente scenografa Giulia Klimciuk
  • assistente costumista Eleonora Rossi
  • adattamento e regia di Carmelo Rifici
  • produzione LuganoInScena
  • in coproduzione con LAC Lugano Arte e Cultura, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa e Teatro Sociale di Bellinzona
  • con il sostegno di Pro Helvetia, Fondazione svizzera per la cultura
  • ph. Thinking Monkey Digital Art