Schiaparelli Life a Milano al Teatro Gerolamo il 4 e 5/10/2019
Ha debuttato con successo al Napoli Teatro Festival, la scorsa estate; dell’interprete Nunzia Antonino è stato scritto “…infragilita, lacerata dal dramma, ma in costante procinto di essere scoccata come freccia dal successo della sua moda, indossa la pelle della Schiaparelli come si fosse strappata la sua“; si tratta di Schiaparelli life prossimamente ospitato in prima milanese, al Teatro Gerolamo il 4 e 5 ottobre 2019. Info e biglietti qui
Schiaparelli Life vede la regia di Calo Bruni; in scena insieme a Nunzia Antonino, nei panni di un maggiordomo quasi complice e anche amico, quasi figlio e forse quasi figlia, Marco Grossi.
Elsa Schiaparelli (1890-1973) è stata una grande stilista italiana e una delle figure più influenti nella moda del Novecento. Nell’ultimo periodo della sua vita – affiancata da un “maggiordomo” che di volta in volta diventa nemico, complice, servo, figlio – redige la sua autobiografia: rievoca i successi professionali, le intuizioni, l’arte, l’idea di bellezza, ma anche le fatiche dell’inizio, il prezzo pagato per l’ambita libertà.
Note di regia
Elsa Schiaparelli (1890-1973) è stata una grande stilista italiana e una delle più influenti figure nella moda del Novecento. Più vicina all’arte che all’artigianato, è diventata famosa alla fine degli anni 20 del secolo scorso, quando ancora nella società dominava lo sfarzo decorativo di superficie e quel “consumo ostentativo” della ricchezza di cui gli uomini del ceto alto investivano le mogli.
Elsa partecipò da protagonista a quella rivoluzione del costume, degli stili di vita, del relazionarsi tra i sessi che ancora oggi influenza le nostre esistenze e l’idea stessa di bellezza, creando un nuovo modello femminile e contribuendo all’emancipazione delle donne. E se la coeva nonché rivale Chanel le liberò fisicamente dai corsetti e dalle guaine che le ingabbiavano da secoli, promuovendo con il suo stile sobrio e comodo la naturale mobilità del loro corpo, Elsa le liberò mentalmente.
La sua idea di bellezza non è mai ovvia, è audace e sfrontata, fuori norma, visto che la norma, come tutte le categorizzazioni, è arbitraria ed è semplicemente la media che la società trova accettabile. La Schiaparelli chiese alle donne di osare, di essere creative e uniche. Le invitò a conoscere se stesse, allontanandosi dai condizionamenti esterni. Ad avere coraggio. E in effetti ci voleva coraggio per indossare un cappello che era una scarpa girata al contrario! Però chi lo dice che se un oggetto ha la forma di una scarpa, bisogna metterselo per forza ai piedi? Il significato delle cose non è forse dato dalle convenzioni a cui siamo abituati? Elsa sfidò queste convenzioni e invece che ai piedi, la scarpa se la mise, appunto, in testa.
Collaborò con artisti come Dalì, Cocteau, Aragon, Ray, Clair, Duchamps, Sartre, vestì stelle del cinema: da Katharine Hepburn a Lauren Bacall, da Marlene Dietrich a Mae West. Più surrealista dei surrealisti, fece emergere il mondo nascosto dei sogni e dell’inconscio, lanciando miriadi di novità. Così nacquero gli impermeabili per la sera e i lucchetti per gli abiti. Insieme a Dalì ideò il cappotto a forma di scrivania, con i cassetti, ispirato a uno dei suoi famosi quadri, il vestito lungo con dipinta un’aragosta, circondata da ciuffi di prezzemolo, il vestito lacrime, di seta chiaro con strappi rosa e rossi come se fosse carne viva, il tailleur nero con tasche rifinite da bocche rosse che sembravano organi genitali femminili, Il cappello nero col tacco di velluto rosa shocking che svettava come una piccola colonna o come un fallo.
Utilizzò materiali nuovi come il tweed, il tessuto escorce d’arbre, le fibre artificiali. Il cellophane, la paglia e persino il vetro. E poi le zip. Zip che si vedevano. Di colori diversi dagli abiti, posizionate in luoghi inconsueti: quelle zip che in Italia il fascismo vietava – chiamandole «chiusure adulterio» – ecco, lei le metteva anche negli abiti da sera. Moda era per lei un atto politico.
Il nostro lavoro, che intitoliamo Schiaparelli Life, intercetta Elsa nell’ultimo periodo della sua vita quando, chiusa la maison, recuperata, per così dire, una dimensione famigliare, redigerà la propria autobiografia. Traendo spunto da un suo reale rapporto con due governanti, la nostra azione mette in relazione Elsa con un «maggiordomo» impegnato nell’assisterla e di volta in volta nemico, complice, infermiere, servo, figlio… figlia.
In compagnia forse soltanto di un fantasma o di una proiezione della solitudine, Elsa ripercorre la sua vita, quando, da poco finita la prima guerra mondiale e ancora lontana la seconda, aveva l’impressione che tutto fosse possibile, e che potesse bastare il talento e l’impegno per vivere liberi e felici.
Rievoca i suoi successi professionali, le sue intuizioni, la sua arte, la sua idea di bellezza, ma anche le fatiche dell’inizio, il prezzo pagato per l’ambita libertà e le scelte dolorose. Lei che, abbandonata dal marito mentre era incinta, ha fatto crescere la sua unica figlia (Gogo), poliomielitica, in collegi rinomati ma lontani, accettando lunghe separazioni per poter continuare a lavorare.
Sottraendoci a un indirizzo meramente narrativo, puntiamo all’evocazione del carattere e della storia della Schiaparelli attraverso l’esercizio di una relazione inventata: intima ma non intimista; concreta ma non naturalista. Consapevoli della difficoltà che comporta l’uso dell’immagine, il lavoro comprende una componente visuale, non didascalica, concepita come espansione del sorprendente immaginario di quest’artista. Carlo Bruni e Nunzia Antonino
- SCHIAPARELLI LIFE
- di Eleonora Mazzoni
- con Nunzia Antonino e Marco Grossi
- regia Carlo Bruni
- scena Maurizio Agostinetto
- immagini in movimento Bea Mazzone
- consulenza/costumi Luciano Lapadula, Vito Antonio Lerario , Maria Pascale
- luci Tea Primiterra, Giuseppe Pesce
- organizzazione Nicoletta Scrivo
- ufficio stampa Paola Maritan
- amministrazione Franca Veltro
- produzione Teatro degli Alfieri, Teatro Di Dioniso
- con la collaborazione di sistemaGaribaldi, Asti Teatro e Linea d’Onda
- si ringraziano per la gentile collaborazione Rosellina Goffredo, Massimo Marafante e Rossana Farinati
- foto Leonardo Todisco – Mariablu Scaringella