LO STUPRO DI LUCREZIA

Domenica 24 novembre 2013 – ore 21.00
CUBO | Officine Corsare – via Pallavicino 35 bis – Torino
Ingresso €5.00 – posti limitati
Info: www.ilcerchiodigesso.com – info@ilcerchiodigesso.com

Lo spettacolo fa parte della rassegna di teatro civile SCHEGGE3 … TEATRO FELICE organizzata dalla compagnia Il Cerchio di Gesso,  giunta quest’anno alla quarta edizione.

 

LO STUPRO DI LUCREZIA
di William Shakespeare

uno spettacolo di Valter Malosti
interpreti Valter Malosti, Alice Spisa, Jacopo Squizzato
suono e programmazione luci G.U.P. Alcaro
costumi Federica Genovesi
cura del movimento  Alessio Maria Romano
versione italiana e adattamento di Valter Malosti
dalla traduzione di Gilberto Sacerdoti
foto di scena Giulia Caira
macchinista Matteo Lainati
assistente alla regia Elena Serra

La lunga frequentazione di Valter Malosti con l’opera in versi di Shakespeare ha prodotto nelle passate stagioni piccoli gioielli teatrali come Venere e Adone, premio Associazione Nazionale Critici di Teatro 2009.
Lo Stupro di Lucrezia venne pubblicato nel 1594, l’anno successivo alla stampa del poemetto gemello Venere e Adone (committente e dedicatario il medesimo Southampton). I due poemetti sembrano formare una specie di dittico simmetricamente contrappuntato, in cui la seconda tavola rovescia la prima: dallo sfondo giorgionesco del primo  con conigli cani, cavalli e cinghiali si passa ad un tragico notturno, immerso in una livida oscurità caravaggesca squarciata dalla luce di una torcia. Per il grande poeta inglese Ted Hughes, autore di un visionario e misterico saggio/poema Shakespeare and The Goddess of Complete Being, questi poemetti, scritti quando i teatri londinesi eran chiusi per la peste, sono  la base in cui individuare idealmente tutta la strategia poetica e i fondamenti metafisici dell’intera opera shakespeariana.
La storia di come Tarquinio stupri Lucrezia, invasato di lei dopo le lodi del marito Collatino all’interno di una bizzarra gara tra generali, e di come il suicidio della vittima spinga il popolo romano a ribellarsi e a liberarsi dal giogo della tirannia monarchica era stata succintamente narrata da Tito Livio e Ovidio e poi da Chaucer. In Shakespeare la voce della donna si dilata attraverso un’ingegnosa serie di lamentazioni, introspezioni, allegorie, invettive contro il Tempo, l’Occasione, e in una ekphrasis che è capolavoro assoluto: la lunga descrizione di un quadro di argomento troiano (memore forse di Giulio Romano e di Mantova?), in cui il sacco della città diviene la sua propria violazione. E questo lungo monologo è forse uno dei più alti esempi di meditazione sulle conseguenze dello stupro visto dalla parte di una donna. Non è un caso che questa figura e il suo suicidio provocarono vibranti polemiche e contrapposizione sul giudizio morale da dare a questa figura esemplare all’interno del mondo cristiano, vera “causa celebre” della casistica (vedi Agostino: “ammazzando sé stessa ha ammazzato un’innocente”).
qui Shakespeare dispiega la sua potentissima lingua e la capacità geniale di mescolare l’orrore all’anti-tragica parodia, con una specie di equilibrio incantatore che ci inghiotte nella musica delle parole: Una lingua tesa, turgida ch enon concede sospensioni liberatorie. In scena i protagonisti sono due giovani attori appena diplomati alla Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino diretta da Valter Malosti, Alice Spisa e Jacopo Squizzato, cui è richiesto un lavoro fisico e verbale violento ed estenuante, dentro una partitura sonora inquieta e multiforme.

Attenzione s’informa che la presenza di scene di nudo e contenuti tematicamente violenti potrebbero offendere la sensibilità di qualche spettatore, in generale si consiglia comunque la visione ad un pubblico adulto.