LA MONACA DI MONZA (2019)

Valter Malosti e Federica Fracassi, entrambi pluripremiati dalla critica italiana, tornano a lavorare insieme portando in scena la feroce confessione di Marianna De Leyva, la Monaca di Monza.

Nella versione di Testori come in soggettiva cinematografica la protagonista, da morta, rivive la vicenda fin dal suo proprio concepimento avvenuto con atto brutale del padre su una delicata figura di madre, per poi passare a rievocare il disperato amore per Gian Paolo Osio, vero e proprio eroe nero e sanguinario che finisce i suoi giorni barbaramente trucidato.

Malosti dirige la Fracassi, interprete sensibile alle nuove drammaturgie, votata alle scritture più visionarie, feroci, poetiche degli ultimi anni e già intensa interprete dell’universo femminile testoriano (nei panni di Erodiàs, Cleopatràs e Mater Strangosciàs).
Un appuntamento prezioso per rendere omaggio a Giovanni Testori, uno dei più importanti intellettuali italiani del Novecento e alla figura femminile della monaca di Monza, emblema della fanciulla malmonacata. Una performance violentemente poetica, amplificata dalle voci dei giovani attori che accompagneranno la Fracassi in scena.

Credo che pochi artisti italiani portino nella propria figura le stimmate dell’artista moderno come Giovanni Testori – osservava Piero Citati nel 1971 -. Il suo bisogno fatale di andare oltre, sempre più avanti e lontano, dove nessuno possa sostare con lui: il suo disperato desiderio di conoscere il peccato, la dannazione, il rimorso e il delirio; e la fredda volontà di costruirsi, giorno per giorno, ora per ora, libro per libro, un destino tragico, cosa più moderno di questo?».

In Testori Marianna De Leyva è una sorta di revenant che strappa se stessa, fantoccio di carta, dalla Storia scritta. La parola si fa carne, rimette insieme le sue “ossa maledette” per dar vita ad una blasfema eppur umanissima resurrezione. La tragica vicenda della protagonista prende forma con un andamento temporale distopico, e come in soggettiva cinematografica, addirittura fin da dentro il ventre materno, dal concepimento, dall’atto brutale del padre padrone, passando per gli opifici e le fabbriche e le macchine e le benne della Monza e della Milano degli anni sessanta, fino a rivivere il disperato amore, che è il cuore pulsante del testo, per Gian Paolo Osio vero e proprio eroe nero, sconcio e sanguinario che finirà i suoi giorni barbaramente trucidato.

L’operazione drammaturgica (l’adattamento è per tre sole voci), e di regia, è volta alla radicale scarnificazione del testo, lasciando da parte quel sentore vagamente “pirandelliano” che si annusa nel testo completo, lasciando che l’andamento da feroce confessione, sviluppata in un dialogo apparente con l’inquisitore, si trasformi in quello che il nucleo del testo in realtà è, e cioè un atto violentemente ed eminentemente poetico, già lì ad esprimere una condizione “germinale” del teatro come prova “religiosa”, “immobile”, “lacerante e senz’esiti”, come ha scritto Barbara Zandrino, una interrogazione spinta fino alla blasfema chiamata in giudizio di Dio, con furioso slancio eretico, per aver voluto così la creazione.
Valter Malosti

 

  • di Giovanni Testori
  • adattamento per tre voci e regia Valter Malosti
  • con Federica Fracassi
  • e Vincenzo Giordano, Giulia Mazzarino
  • scene e luci Nicolas Bovey
  • costumi Gianluca Sbicca
  • cura del movimento Marco Angelilli
  • progetto sonoro Valter Malosti
  • suono e programmazione luci Fabio Cinicola
  • produzione Teatro Franco Parenti / TPE – Teatro Piemonte Europa / Centro Teatrale Bresciano / Teatro di Dioniso
  • con il sostegno di Associazione Giovanni Testori
  • si ringraziano Giuseppe Frangi, Paola Pedrazzini, Noemi Apuzzo e Maria Caggianelli Villani
  • ph. Laila Pozzo