Lo stupro di Lucrezia / radio edit (2015)

Questo ‘concerto’ tratto dallo spettacolo Lo stupro di Lucrezia di Shakespeare è la versione radiofonica live andata in onda su Radio3 Rai nel 2012. Il lavoro può essere presentato da solo, ma è soprattutto pensato come complemento alla versione concerto di Venere e Adone per dar modo agli spettatori di avere la possibilità di ascoltare l’intero pannello poetico di Shakespeare degli anni novanta del 500, e proprio nella concomitanza delle celebrazioni relative all’anniversario della morte avvenuta il 23 aprile 1616, dunque esattamente quattrocento anni fa. I due poemetti sono le uniche due opere di Shakespeare di cui l’autore abbia curato la stampa personalmente, cosa mai accaduto né con le sue opere teatrali né con i Sonetti; e si possono dunque considerare come gli unici e certi originali di quell’autore chiamato William Shakespeare.

La lunga frequentazione di Valter Malosti con l’opera in versi di Shakespeare ha prodotto nelle passate stagioni piccoli gioielli teatrali come Venere e Adone, premio Associazione Nazionale Critici di Teatro 2009. Lo Stupro di Lucrezia venne pubblicato nel 1594, l’anno successivo alla stampa del poemetto gemello Venere e Adone (committente e dedicatario il medesimo Southampton). I due poemetti sembrano formare una specie di dittico simmetricamente contrappuntato, in cui la seconda tavola rovescia la prima: dallo sfondo giorgionesco del primo con conigli cani, cavalli e cinghiali si passa ad un tragico notturno, immerso in una livida oscurità caravaggesca squarciata dalla luce di una torcia.

Per il grande poeta inglese Ted Hughes, autore di un visionario e misterico saggio/poema Shakespeare and The Goddess of Complete Being, questi poemetti, scritti quando i teatri londinesi eran chiusi per la peste, sono la base in cui individuare idealmente tutta la strategia poetica e i fondamenti metafisici dell’intera opera shakespeariana.

La storia di come Tarquinio stupri Lucrezia, invasato di lei dopo le lodi del marito Collatino all’interno di una bizzarra gara tra generali, e di come il suicidio della vittima spinga il popolo romano a ribellarsi e a liberarsi dal giogo della tirannia monarchica era stata succintamente narrata da Tito Livio e Ovidio e poi da Chaucer. In Shakespeare la voce di Lucrezia si dilata e diviene uno dei più alti esempi di meditazione sulle conseguenze dello stupro visto dalla parte di una donna, attraverso un’ingegnosa serie di lamentazioni, introspezioni, allegorie, invettive contro il Tempo, la Notte, l’Occasione, e in una ekphrasis che è capolavoro assoluto: la descrizione di un quadro di argomento troiano memore forse di Giulio Romano e di Mantova, in cui il sacco della città diviene la sua propria violazione. Non è un caso che Lucrezia e il suo suicidio abbiano provacato vibranti polemiche e contrapposizioni sul giudizio morale da dare a questa figura esemplare all’interno del mondo cristiano, vera “causa celebre” della casistica (vedi Agostino: “ammazzando sé stessa ha ammazzato un’innocente”). Shakespeare qui dispiega la sua potentissima lingua e la capacità geniale di mescolare l’orrore all’anti-tragica parodia, con una specie di equilibrio incantatore che ci inghiotte nella musica delle parole senza concederci una qualche sospensione liberatoria.
Una lingua tesa, turgida che viene attraversato e sorretta da una partitura sonora inquieta e multiforme.

 

  • di William Shakespeare
  • uno spettacolo di e con Valter Malosti
  • suono G.u.p. Alcaro
  • versione italiana e adattamento teatrale di Valter Malosti
  • produzione TEATRO DI DIONISO